Le origini della Parrocchia di S. Bernardino da Siena in Roncadelle sono state ricostruite con la paziente e la gentile collaborazione dal nostro compaesano

Sig. Gian Luigi Vernia

ORIGINI

Quando Gerolamo Porcellaga nel 1515 dispose nel proprio testamento che il reddito di un terreno di Roncadelle venisse destinato a mantenere presso la chiesa di S. Bernardino un sacerdote permanente scelto dai propri eredi, forse non sapeva di creare l’occasione concreta per far nascere la parrocchia di Roncadelle. Ma ciò fu reso possibile dalla concomitanza di diversi fattori. 
La comunità locale, che faceva parte della parrocchia suburbana di Fiumicello dopo che questa nel 1388 si era staccata dalla parrocchia cittadina di S. Giovanni, reclamava da tempo un riferimento ecclesiastico più vicino. Era infatti molto disagevole provvedere all’assistenza religiosa dei malati e dei moribondi o al battesimo dei neonati, soprattutto in caso di intemperie e durante le frequenti piene del Mella. Ma la comunità di Roncadelle non era in grado di offrire sufficienti garanzie economiche per mantenere un sacerdote fisso e doveva accontentarsi della Messa festiva che il monastero di S. Giulia provvedeva da tempo a far celebrare nella propria antica chiesetta, posta sulla strada di Travagliato, accanto al vecchio mulino di Roncadelle. 
I Porcellaga, dal canto loro, cominciavano a vedere nell’istituzione di un giuspatronato sulla nuova chiesetta di S. Bernardino, eretta dai francescani nella seconda metà del ‘400 a poca distanza dal loro castello, la possibilità di un’assistenza religiosa continuativa per sé e per la popolazione locale, che tra l’altro era disposta a sostenere una parte delle spese di sostentamento del sacerdote. Non si lasciarono quindi sfuggire l’occasione offerta dal testamento di Girolamo Porcellaga. 
La convergente volontà della popolazione e dei Porcellaga trovò il favore della curia vescovile di Brescia, orientata a favorire la nascita di nuove parrocchie chiedendo come unica condizione che qualcuno (una famiglia gentilizia, la vicinina un ente religioso) si addossasse l’onere economico del sostentamento del parroco e della manutenzione della chiesa parrocchiale. 
Si comprende allora perché solo nel ‘500 la comunità di Roncadelle, dopo vari tentativi che risalivano almeno al 1306, sia riuscita ad ottenere una sua autonomia nell’ambito ecclesiastico. Nel giro di pochi anni si costituì infatti a Roncadelle una curazia, gestita da un curato permanente, che faceva ancora riferimento alla chiesa “matrice” di Fiumicello, ma che andò assumendo una crescente autonomia nelle sue funzioni sacramentali e pastorali. 
La chiesetta di S. Bernardino venne ampliata, dotata di campanile, affrescata con l’intervento del Romanino, che vi eseguì la pala d’altare.

Accanto alla chiesa venne ricavato il camposanto, che accolse i defunti della comunità per quasi tre secoli. Si costituì una importante confraternita religiosa, dedicata al Ss. Sacramento (o Corpus Domini), che coinvolse molti Roncadellesi nelle pratiche devozionali e assistenziali. Da allora l’importanza dell’antica chiesetta di S. Giulia (e dell’omonimo monastero bresciano) andò gradualmente diminuendo sul territorio locale. 
Il santo Patrono della comunità divenne così Bernardino da Siena, predicatore francescano molto popolare, che era passato anche da Roncadelle intorno al 1422. Accanto a lui fu sempre molto venerato, tanto da essere considerato il vice-Patrono della comunità, S. Rocco, il pellegrino francese guarito dalla peste, che veniva invocato durante le frequenti epidemie e pestilenze. 
La testimonianza della raggiunta autonomia della chiesa locale è fornita dalla presenza del fonte battesimale, datato 1555. Pochi anni dopo venne adottata la registrazione dei battesimi e delle sepolture, in seguito ad un decreto del Concilio di Trento. La chiesa di S. Bernardino, allora dotata di soli tre altari, venne consacrata il 3 giugno 1565 e tre mesi dopo il vescovo Domenico Bollani iniziò la sua visita pastorale alla diocesi bresciana partendo proprio dalla parrocchia di Roncadelle. Dalla relazione di quella storica visita apprendiamo che la comunità locale era costituita da 725 anime, delle quali solo quattro risultavano “inconfesse”, ossia lontane dalla pratica sacramentale.

Erano certamente altri tempi!

I Parroci

Chiamati ad essere guide spirituali di comunità cristiane, i parroci hanno sempre svolto, sia pure in modo diverso, un ruolo determinante nella vita e nell’evoluzione morale e culturale della nostra popolazione. Riteniamo pertanto doveroso ricordare, anche se in modo sommario, le loro figure, che fanno parte a tutti gli effetti della storia della nostra comunità. Quei sacerdoti hanno condiviso infatti con la comunità locale i momenti più belli e più difficili, le nascite, i matrimoni, i lutti e, spesso, la fatica di vivere. Hanno gioito e sofferto con tutti. Hanno orientato e aiutato. Hanno cercato di sanare le divisioni. Hanno portato, soprattutto, una grande speranza. 
In quasi 500 anni di storia, si sono succeduti almeno 33 parroci a Roncadelle. Di molti di loro abbiamo pochissime notizie. Bisogna comunque tener sempre presente che ognuno di loro viene generalmente ricordato per le opere visibili, che sono solo una parte (e neanche la più importante) del loro impegno e del loro lascito. 
L’educazione morale e l’assistenza religiosa alla comunità di Roncadelle furono dapprima assicurate dal monastero femminile di S. Giulia, che provvedeva a inviare un sacerdote per la messa festiva nella locale chiesetta di S Giulina. Il sacerdote aveva diritto, tra l’altro, ad una fornitura periodica di scarpe nuove per i frequenti e lunghi spostamenti, che effettuava quasi sempre a piedi. 
La parrocchia locale si andò costituendo però intorno alla chiesa di S. Bernardino da Siena, dopo che i Porcellaga ne ebbero acquisito il giuspatronato intorno al 1530. Si trattava inizialmente di una “cura” di circa 700 anime, dipendente dalla parrocchia di S. Maria di Fiumicello e affidata ad un curato, che cominciò ad essere chiamato “parroco” alla fine del ‘600. Il parroco era scelto dai “patroni” e mantenuto per metà da questi e per l’altra metà dai fedeli. Il diritto di patronato venne esercitato per quattro secoli dai proprietari del castello di Roncadelle, finché i Guaineri vi rinunciarono. 
Il primo curato fu forse don Gerolamo Faustini di Castelcovati, che era anche cappellano della chiesetta di S. Giulina. Intorno al 1540, egli favorì la nascita e lo sviluppo della Confraternita del SS. Sacramento, l’importante organizzazione laicale che per quattro secoli ebbe un ruolo rilevante nella parrocchia, con il compito di diffondere il culto eucaristico ed altre pratiche devozionali, di curare le celebrazioni del Corpus Domini e il relativo altare e di occuparsi di attività assistenziali, gestendo per questi scopi un patrimonio che si andò incrementando grazie a vari lasciti. In quel periodo i defunti si seppellivano accanto alla chiesa di S. Bernardino e, intorno alla metà del ‘500, venne autorizzata l’amministrazione dei battesimi in parrocchia. 
Dopo un don Nicolò, documentato nel 1559, fu la volta di don Bernardo Bertoldi di Castegnato. 
Egli fece consacrare la chiesa parrocchiale (3 giugno 1565) e accolse le visite pastorali del vescovo Bollani nel 1565 e nel 1572. Pur essendo stimato da tutti, don Bertoldi fu giudicato scarsamente istruito (come gran parte dei curati di campagna dell’epoca) e venne pertanto invitato dal vescovo a studiare i decreti del Concilio di Trento e il Catechismo. Proprio in esecuzione di un decreto conciliare, egli cominciò a tenere la registrazione dei battesimi e delle sepolture, documenti che risultano ancora fondamentali per le ricerche storiche su quel periodo. Egli rimase a Roncadelle fino al 1575 e poi ancora dal 1581 al 1591. Il lungo periodo di assenza dal 1576 al 1580, durante il quale fu sostituito da ben cinque curati diversi, è da mettere in relazione al diffondersi della peste e di altre epidemie. La popolazione locale, in quegli anni, si ridusse a 560 abitanti. 
Nel 1592 fu chiamato a guidare la parrocchia don Bartolomeo Silvestri, che rimase a Roncadelle fino al 1619. Egli favorì, insieme a padre Massimo da Verola, la nascita della Confraternita del S.Rosario, che aveva il compito di diffondere la pratica del Rosario sia a livello individuale che comunitario. E al culto mariano venne dedicato il secondo altare laterale della parrocchiale. In questo periodo sorsero altre chiesette rurali: quella di S. Rocco presso la cascina Villanuova, di S. Francesco nella cascina Fedriza e di Ognissanti alla cascina Savoldo. Don Silvestri accolse il vescovo Giorgi in visita pastorale per ben due volte, nel 1601 e nel 1612. 
Mancano notizie significative dei suoi immediati successori: don G. Battista Maffeis (1620-24), don Martino Casinello (1624-31), don Giulio Calcagni (1631-32), don G. Battista Pasini (1633-36), don Francesco Cesareni (1637-40). In quel periodo la popolazione locale, oltre ad essere colpita dalla famosa peste del 1629-30, cominciò a subire soprusi e angherie da parte dei signori del castello e si strinse quasi tutta attorno al sacerdote, visto come guida spirituale e autorità morale.
Il complesso rapporto tra il parroco e i suoi patroni, che lo sceglievano e lo stipendiavano, era generalmente basato sulla collaborazione e sul rispetto delle rispettive funzioni, ma sfociò a volte in contrasti più o meno aperti, come accadde a don Pellegrino Lurani, che venne fatto bastonare da Pietro Aurelio Porcellaga per aver biasimato in chiesa la condotta di alcune ragazze che partecipavano alle feste in castello e per aver richiamato lo stesso Porcellaga ad un comportamento più riservato. Nato a Modena nel 1595 e trasferitosi a Brescia subito dopo l’ordinazione, don Lurani guidò la parrocchia di Roncadelle dal 1640 al 1651, in una fase particolarmente difficile per la comunità locale, terrorizzata dalla presenza di büli e dal diffuso clima di violenza. L’arresto di Pietro Aurelio Porcellaga nel 1647 mise termine ad un cupo periodo feudale e la popolazione locale ritrovò la propria dignità ricomponendosi attorno ai comuni valori cristiani. La visita pastorale del vescovo Morosini nel 1648 sembrò sancire il cambiamento. 
Oltre al curato-parroco, vivevano in parrocchia anche altri sacerdoti, in qualità di cappellani (stipendiati dalla Confraternita del SS. Sacramento, dal monastero di S. Giulia o dai Savoldi) e di coadiutori. Tra questi vi era don Giorgio Dusi, il primo sacerdote roncadellese di cui si abbia notizia. 
A don Lurani seguirono don Domenico Guglielmotto (1652), don G. Battista Sisti (1653-54), don Tommaso Rodolfi (1655), don Andrea Della Bianca (1656-58), che nel 1657 accolse la sesta visita pastorale, e don G. Battista Bertoli (1658-59). I loro parrocchiani furono troppo brevi per lasciare traccia. 
Una traccia profonda lasciò invece don Faustino Agosti, che guidò la comunità parrocchiale dal 1660 al 1696. Egli venne nominato alla guida della parrocchia, a soli 28 anni, su proposta del giovane Martinengo Colleoni e della moglie Chiara Camilla Porcellaga, che intendevano rinnovare ogni aspetto della vita locale. Don Faustino condusse una vita esemplare, ispirata al dettato evangelico; scelse di vivere in comunità con i propri collaboratori diretti e avviò numerose iniziative, tra le quali risulta particolarmente interessante l’istituzione di una scuola per fanciulli; diede grande impulso alla “dottrina” per gli adulti, alla quale partecipavano anche fedeli di altre parrocchie; fece ampliare notevolmente e abbellire la chiesa parrocchiale, portando da tre a cinque il numero degli altari, un’opera che rese visibile il rinnovamento morale e civile di Roncadelle. Tra la chiesa e il castello i Martinengo realizzarono una larga via prospettica (attuale via Roma) destinata a diventare il cuore di Roncadelle. La parrocchia accolse, in quel periodo, tre visite pastorali: nel 1665, nel 1684 e nel 1693. Nel suo testamento, don Faustino destinò 500 scudi alla 
parrocchia con l’intento di sollevare la popolazione locale dall’obbligo di contribuire al suo sostentamento. Egli volle essere sepolto nella chiesa di S. Bernardino (come quasi tutti i parroci morti a Roncadelle) e la sua figura venne ricordata a lungo, anche grazie ad un ritratto ad olio (scomparso dalla sacrestia 40 anni fa) con una lunga e interessante dedica in latino. 
Successori di don Agosti furono i suoi più stretti collaboratori: don Lorenzo Pasini, che era anche organista e che morì pochi mesi dopo; e don G. Battista Borboni di Ome, che gestì la parrocchia fino al 1706, accogliendovi la visita pastorale del 1702 e facendo costruire il bell’altare maggiore in marmo a completamento della storica trasformazione della chiesa parrocchiale. In quegli anni, la popolazione dovette assistere inerme alle scorrerie di eserciti stranieri, con conseguenti requisizioni e uccisioni. 
Dopo il lungo parrocchiato di don Pietro Facchi (dal 1706 al 1733), durante il quale venne effettuata l’undicesima visita pastorale (1711) da parte del vescovo Badoer, la parrocchia rimase senza guida per dieci anni a causa di una vertenza sul giuspatronato, rivendicato dagli eredi di tre famiglie nobiliari. 
Definita la questione del giuspatronato, nel 1743 i Martinengo Colleoni scelsero come parroco, tra una rosa di nomi, don Domenico Gallizioli, di famiglia roncadellese. E, alla sua morte, nel 1758, gli successe don Carlo Uberti. Quando questi fu nominato parroco a Comezzano nel 1785, venne sostituito da don Faustino Bonomi di Avenone, che nel 1792 accolse la visita pastorale del vescovo Nani. Le “anime” della parrocchia erano intanto aumentate a 840 ed erano sorte altre due Congregazioni: quella della Dottrina Cristiana e quella dei Cinturati. Inoltre, nella parrocchiale erastato eretto un nuovo altare, dedicato a S. Gaetano da Tiene. Don Bonomi morì nel 1795, a soli 48 anni. 
Fu quindi la volta di don Giacomo Fisogni di Brandico, proveniente dalla parrocchia di Boldeniga, che dovette gestire la comunità locale in un periodo tumultuoso, con cambiamenti epocali, portati prima dal vento rivoluzionario e napoleonico e poi dalla restaurazione austriaca. L’antica vicinia venne sostituita dalla municipalità e Roncadelle divenne comune autonomo. I beni del monastero di S. Giulia vennero espropriati, mentre quelli delle Confraternite e della chiesa parrocchiale vennero posti sotto il controllo del Ministero per il Culto (ossia del Prefetto) e affidati alla cura dei fabbricieri. La disposizione di seppellire i morti fuori dal centro abitato venne attuata a Roncadelle nel 1813 con la realizzazione dell’attuale cimitero. Fu avviata l’istruzione pubblica obbligatoria dei fanciulli e l’assistenza alle persone bisognose venne sottratta alle associazioni caritative per essere affidata ad un ente pubblico. Nel 1816 la parrocchia accolse la visita pastorale del vescovo Nava. Il dominio austriaco diede al parroco un ruolo centrale nella gestione della scuola pubblica. Tra le vicende minori, c’è da segnalare l’inaugurazione della chiesetta di Antezzate, nella quale venne posta come pala d’altare una preziosa “Annunciazione” eseguita dal Bagnadore nel 1590, mentre la chiesetta presso la cascina di S.ta Giulia venne dedicata alla Vergine. 
Don Fisogni rimase a Roncadelle per ben 31 anni, fino al 1826. Ma la palma del parrocchiato più lungo spetta senza dubbio al suo successore, don Giacinto Bonaventura Mensi, nativo di Memmo, che guidò la comunità locale per 50 anni. Durante la sua lunga e tranquilla gestione, la parrocchia superò il traguardo dei 1000 abitanti. Alla sua morte, nel 1876, egli venne sepolto nella cappella del cimitero. Accanto a lui riposa anche don Francesco Bani, nato a Roncadelle nel 1809 e morto nel 1893, che fu a lungo coadiutore nella parrocchia e insegnante di varie generazioni di fanciulli roncadellesi. 
Come successore di don Mensi, nel 1876 venne chiamato don Giuseppe Ghirardi di Salò, che nel 1882 fu nominato parroco a Fiesse e sostituito da don Giulio Tadini di Verolanuova, rimasto a Roncadelle fino alla fine del secolo. Questi accolse il vescovo Corna Pellegrini in visita pastorale nel 1886 e favorì lo sviluppo di nuove associazioni in parrocchia, come il Terz’Ordine di S. Francesco e la Confraternita del Sacro Cuore. Le nuove devozioni fecero cambiare intitolazione ad alcuni altari della chiesa parrocchiale. La linea tranviaria Brescia-Soncino, inaugurata nel 1881, collegò più direttamente Roncadelle alla città e favorì nuovi insediamenti. Ma il maggior cambiamento sociale derivò dal travaso di lavoratori dai campi alle fabbriche, che cominciavano a sorgere alla periferia di Brescia. Le crescenti tensioni sociali e ideologiche, che si fecero sentire in quel periodo, crearono una frattura nella popolazione, soprattutto nella Contrada di Sotto, più aperta alle nuove idee e all’immigrazione di nuovi lavoratori. Almeno 40 adulti non partecipavano alla vita parrocchiale. 
Don G. Battista Moricchia di Chiari, divenuto parroco a Roncadelle nel dicembre 1899, vi organizzò un attivo movimento cattolico giovanile, una filodrammatica maschile, un “concerto musicale” (una sorta di corpo bandistico) e numerose altre iniziative, rivolte soprattutto ai giovani.
Nel 1903, quando venne avviato l’asilo infantile “Pietro Cismondi” nei locali del nuovo palazzo municipale, vennero chiamate a Roncadelle le suore che, oltre ad educare i bambini, si dedicarono alle formazione morale e religiosa delle ragazze della parrocchia. Durante la “grande guerra”, che costò al paese 32 vittime e numerosi feriti, il parroco tenne anche i contatti con vari giovani al fronte e cercò di arginare i disagi e le difficoltà delle loro famiglie. Nel 1920 don Moricchia (che morì nel 1938 e volle essere sepolto a Roncadelle) venne sostituito da don G. Battista Riviera di Leno. Sensibile e riservato, don Riviera coltivava un grande interesse per la letteratura e la storia (pubblicò anche poesie di carattere religioso), ma si sentiva poco accettato e poco adatto alla guida pastorale. In effetti, la sua profondità interiore non corrispondeva 
alla sgradevolezza del suo aspetto esteriore e della sua voce. In particolare, soffrì per alcune calunniose accuse in un periodo politicamente agitato e chiese ripetutamente al vescovo di essere sollevato dall’incarico. Fu accontentato nel 1927. In precedenza egli aveva acquistato, a sud della chiesa, la casa per il curato e l’area dell’oratorio giovanile, dove il suo successore, don Giacomo Contessa, costruì un salone teatro (poi sede Acli) e cinque aule di catechismo. Don Contessa (che, nel 1933 venne insignito della Croce di Cavaliere della Corona) favorì la diffusione di nuove associazioni religiose: la Compagnia di S. Luigi, le Figlie di Maria, l’Unione Madri Cristiane, la Confraternita del S. Triduo (che utilizzava la macchina del Triduo della parrocchia) e, naturalmente, l’Azione Cattolica, che nel 1936 contava 350 iscritti. Egli provvide anche ad allungare la chiesa parrocchiale, a costruire la canonica e a pubblicare un bollettino. 
L’altare dell’antica Disciplina (o del SS. Sacramento) fu trasformato in Cappella dei Santi (o delle Reliquie). Nel 1944 don Contessa divenne prevosto a S. Maria in Calchera a Brescia. 
Il suo successore, don Carlo Vezzoli, sacerdote zelante nella cura delle anime e nell’aiuto concreto alle famiglie disagiate, acquistò l’edificio dell’ex Cavallerizza presso il castello ed i terreni adiacenti per realizzarvi un nuovo, grande oratorio maschile dedicato a S. Luigi Gonzaga, con un Cinema-teatro più spazioso, una nuova abitazione per il curato, una sala di ritrovo giovanile, la sala Tv, quattro aule di catechismo e un grande campo sportivo. Egli fondò il corpo bandistico parrocchiale; diede periodicità al bollettino parrocchiale; fece restaurare parte del prezioso patrimonio artistico della parrocchia; sostituì i vecchi banchi della navata e fece installare il primo impianto di riscaldamento in chiesa. Tenuto conto dello sviluppo demografico della parrocchia, che raggiungeva ormai i 4.000 abitanti, e soprattutto della scarsa partecipazione alla vita parrocchiale della zona sud (Contrada di Sotto e porzione Castel Mella), acquistò un terreno di circa 15000 mq per edificarvi una nuova chiesa, ma il progetto venne abbandonato dai suoi successori. Tra i lasciti dei suoi parrocchiani, particolarmente importante fu quello della signora Maria Berardi Manzoni, destinato ad una Casa di Riposo per anziani. Durante il suo parrocchiato, la comunità locale manifestò profonde divisioni (di carattere politico-ideologico, più che socio-economico) e, all’interno della parrocchia, cominciarono ad entrare in crisi le vecchie realtà associative. 
Dopo la sua morte, nel 1967, fu sostituito da don Amilcare Gatelli di Mompiano, che orientò il suo impegno soprattutto verso la formazione dei giovani con iniziative di carattere culturale e ricreativo; realizzò il grande complesso delle opere giovanili con bar, palestra, aule e scuola materna; fondò il gruppo Scout; avviò la Casa di Riposo “Berardi-Manzoni”; trasformò la scuola materna “Pietro Cismondi” in ente morale; restaurò parte del patrimonio artistico della parrocchia; ristrutturò
l’oratorio; diede impulso al bollettino come strumento di comunicazione e di animazione della parrocchia. Egli aiutò anche la scelta vocazionale del giovane collaboratore G. Franco Rolfi, che venne ordinato sacerdote. In una società sempre più secolarizzata, il grande impegno profuso da lui e dai suoi collaboratori, non bastò a fermare la progressiva diminuzione dei fedeli. 
Nel 1998, raggiunta l’età della “pensione”, don Amilcare fu sostituito da don Eugenio Panelli, che ha dato un’impronta manageriale all’organizzazione della parrocchia, attuandovi varie e costose innovazioni e ristrutturazioni, prima di essere sostituito da don Aldo Delaidelli di Pescarso sostituito a sua volta da don Gigi Gaia di Ome. In questi ultimi anni, Roncadelle ha dato alla Chiesa altri tre sacerdoti, un risultato mai raggiunto nella lunga storia della parrocchia.